La Cop28 ha salvato la faccia…

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…ma non il pianeta.

In extremis e con un giorno in più rispetto alla scadenza la Cop28 si è chiusa con un accordo che i delegati hanno definito “storico”.

Certo, rispetto alla totale chiusura minacciata dai Paesi Opec, le briciole concesse possono apparire una vittoria.

Ma serve molto ottimismo per definirla tale.

Davanti al rischio concreto di chiudere la conferenza di Dubai con un palese nulla di fatto, senza cioè raggiungere l’unanimità su alcun documento, si è preferito far sparire l’uscita dai combustibili fossili entro il 2050, spacciando per successo planetario l’aver inserito “combustibili fossili” nel testo, come se la scienza non ci stesse dicendo da anni che è loro molta responsabilità dei danni ambientali e climatici; e rimandando a una generica sostituzione con altre forme di energia in base a quello che ogni Stato potrà fare.

Insomma, se una Nazione firmataria non avrà saputo o voluto trovare una soluzione da qui al 2050 potrà continuare a usare i combustibili fossili finché non gli viene in mente una alternativa.

Ho semplificato, ma in estrema sintesi questo il succo dell’accordo.

Senza dimenticare, come ho spesso ribadito, che non esiste sanzione per i Paesi che non rispettano gli accordi.

Manca una chiara Road map, come la chiamano quelli bravi.

Va bene, c’è stato da subito l’approvazione del fondo per gli Stati più poveri ma è davvero l’elemosina per tacitarsi la coscienza.

Come puro green washing, sempre a usare le espressioni di quelli bravi, è la propaganda del sultano degli Emirati Arabi Uniti e presidente della Cop Ahmed Al-Jaber che ci vende come svolta epocale l’aver inserito, come detto sopra, il riferimento ai combustibili fossili.

Già, perché malgrado la scienza, nelle precedenti 27 Cop il riferimento era assente.

Però manca del tutto il come eliminare i combustibili fossili.

Non che dalla Cop28 ci si aspettava la soluzione tecnologica, quella è competenza della scienza.

Si sperava in un calendario, in un impegno, in fondi per la ricerca.

Ah si, un fondo c’è: privato e finanziato dai produttori di petrolio. 

Che quindi mettono sul piatto una vagonata di soldi per trovare una soluzione a come eliminare quello che a loro ha portato negli anni vagonate infinite di soldi.

Non è ironia, è quello che è successo.

Inascoltato il grido d’allarme della scienza, dei popoli delle isole che vedranno scomparire la loro terra perché sommersa dall’innalzamento delle acque (già sta accadendo), dei giovani a cui stiamo distruggendo il futuro.

Avevamo bisogno di un segnale globale per affrontare i combustibili fossili. Questa è la prima volta in 28 anni che i Paesi sono costretti a occuparsi dei combustibili fossili”, ha dichiarato ad Associated Press Jean Su, direttrice del Center for Biological Diversity per la giustizia energetica.

È quindi una vittoria generale”, ha affermato, aggiungendo tuttavia che a suo parere “i dettagli effettivi sono gravemente lacunosi”. Secondo Su, “il problema del testo è che include ancora cavernose scappatoie che permettono agli Stati Uniti e ad altri Paesi produttori di combustibili fossili di continuare a espandere i loro combustibili fossili”, in particolare “c’è una falla micidiale e fatale nel testo, che permette di continuare a utilizzare i combustibili di transizione”, una parola in codice per il gas naturale, che emette anche carbonio.

Di scappatoie parla anche Teresa Anderson, responsabile globale per il clima di Action Aid: “Il testo presenta molte scappatoie e offre diversi regali agli ecologisti, menzionando la cattura e lo stoccaggio del carbonio, i cosiddetti combustibili di transizione, l’energia nucleare e i mercati del carbonio”, afferma, aggiungendo che il testo “complessivamente traccia una strada irta di ostacoli verso un futuro senza fossili”. 

Dal primo momento ho scritto che questa sarebbe stata la Cop della svolta, quella che avrebbe segnato lo spartiacque.

Speravo lo sarebbe stato in positivo, temevo un flop.

Perché se la svuotiamo dalla propaganda è stato un flop.

Buone pedalate

COMMENTS

  • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

    No, purtroppo sono pedalate amare. Ma grazie per tenere puntata l’attenzione su questo tema anche da qui.

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